martedì 19 aprile 2016

LA BIBLIOTECA DI ARISTOTELE

Foto area del Liceo di Aristotele, Atene

Che cosa conteneva la biblioteca personale di Aristotele? È la domanda a cui cerca di rispondere lo storico del libro Konstantinos Staikos in un avvincente saggio intitolato, appunto, “La biblioteca di Aristotele” (in greco Αριστοτέλους βιβλιοθήκη). Il “maestro di color che sanno” fu uno dei massimi collezionisti di libri dell’antichità ed è considerato, tra le altre cose, l’inventore della biblioteca così come la conosciamo oggi: suddivisa per autori e per argomenti. La sua scuola, presso il ginnasio Liceo sulle rive dell’Ilisso (oggi nel cuore di Atene, nell’antichità in aperta campagna), conteneva centinaia di libri e altrettanti doveva possederne lo Stagirita, fatto che lo colloca tra i massimi bibliofili di tutti i tempi. Del resto proprio a un discepolo del Liceo, Demetrio del Falero, si deve la fondazione della biblioteca di Alessandria, a tutti gli effetti una istituzione di stampo aristotelico. Staikos, analizzando gli scritti superstiti di Aristotele e le testimonianze dei contemporanei, e talora ricorrendo al fiuto di un detective culturale, si è proposto appunto il compito di ricostruire la fisionomia di questa biblioteca unica al mondo. Il nucleo era costituito, probabilmente, dai libri del padre di Aristotele, Nicomaco, medico personale del re di Macedonia Aminta. Nicomaco era a sua volta scrittore di trattati di medicina e con ogni probabilità possedeva anche opere anteriori alla sua epoca, che utilizzava per le sue terapie. Aristotele, allora giovanissimo, seguiva il padre nella sua professione ma contemporaneamente andava formandosi la vocazione filosofica maturata verso i diciassette anni, nel segno del platonismo. Dal che si arguisce, sostiene Staikos, che Aristotele doveva possedere tutti i Dialoghi di Platone, procuratigli verosimilmente da Prosseno, il suo maestro e a sua volta discepolo di Platone. Segue il trasferimento dello Stagirita ad Atene, l’ammissione all’Accademia e in seguito la fondazione della sua scuola, secondo il principio per cui “amo Platone ma la verità l’amo di più”. Nel Liceo Aristotele procedette ragionevolmente alla raccolta di tutti i trattati scientifici delle epoche precedenti, indispensabili per quella sistematizzazione di tutto lo scibile che è un tratto saliente di Aristotele. Quindi opere sul regno animale e minerale, sui corpi celesti, opere scientifiche eccetera che erano state prodotte in gran quantità sin dai tempi dei presocratici. Al culmine della sua ricerca egli pose l’uomo, e in particolare l’uomo greco, che, nonostante la posizione privilegiata nel creato, viene analizzato con altrettanto distacco scientifico. “L’uomo è un animale che vive nelle polis” afferma il filosofo prima di passarne in rassegna tutte le manifestazioni peculiari: la giustizia, l’organizzazione sociale, la fisiologia, la costituzione delle città-stato, la letteratura e via discorrendo. A proposito dell’importanza della parola scritta per Aristotele Staikos afferma: “Aristotele aveva letto tutta la produzione letteraria e saggistica greca precedente, soffermandosi in particolare sui Sofisti, intellettuali-maestri che, in cambio di lauti compensi, promettevano ai clienti di appropriarsi rapidamente del sapere”. Aristotele attacca i Sofisti, non diversamente dal suo maestro Platone, e fonda il sapere su una rigorosissima disciplina di ricerca, valida ancora oggi, basata innanzitutto sulla precisione terminologica e sulla definizione precisa delle questioni da affrontare. Insomma, con ogni probabilità Aristotele è stato l’unico essere umano della storia a potersi vantare di aver letto tutti, o quasi tutti, i libri prodotti all’interno della sua tradizione culturale. Una cosa del genere, forse, non l'avrebbe immaginata neppure Borges.

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