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Foto area del Liceo di Aristotele, Atene |
Che cosa
conteneva la biblioteca personale di Aristotele? È la domanda a cui cerca di
rispondere lo storico del libro Konstantinos Staikos in un avvincente saggio
intitolato, appunto, “La biblioteca di Aristotele” (in greco Αριστοτέλους βιβλιοθήκη). Il “maestro di
color che sanno” fu uno dei massimi collezionisti di libri dell’antichità ed è
considerato, tra le altre cose, l’inventore della biblioteca così come la
conosciamo oggi: suddivisa per autori e per argomenti. La sua scuola, presso il
ginnasio Liceo sulle rive dell’Ilisso (oggi nel cuore di Atene, nell’antichità
in aperta campagna), conteneva centinaia di libri e altrettanti doveva possederne
lo Stagirita, fatto che lo colloca tra i massimi bibliofili di tutti i tempi. Del
resto proprio a un discepolo del Liceo, Demetrio del Falero, si deve la
fondazione della biblioteca di Alessandria, a tutti gli effetti una istituzione
di stampo aristotelico. Staikos, analizzando gli scritti superstiti di
Aristotele e le testimonianze dei contemporanei, e talora ricorrendo al fiuto
di un detective culturale, si è proposto appunto il compito di ricostruire la
fisionomia di questa biblioteca unica al mondo. Il nucleo era costituito,
probabilmente, dai libri del padre di Aristotele, Nicomaco, medico personale del
re di Macedonia Aminta. Nicomaco era a sua volta scrittore di trattati di
medicina e con ogni probabilità possedeva anche opere anteriori alla sua epoca,
che utilizzava per le sue terapie. Aristotele, allora giovanissimo, seguiva il
padre nella sua professione ma contemporaneamente andava formandosi la
vocazione filosofica maturata verso i diciassette anni, nel segno del
platonismo. Dal che si arguisce, sostiene Staikos, che Aristotele doveva
possedere tutti i Dialoghi di Platone, procuratigli verosimilmente da Prosseno, il suo maestro e a sua volta discepolo di Platone. Segue il trasferimento dello Stagirita ad
Atene, l’ammissione all’Accademia e in seguito la fondazione della
sua scuola, secondo il principio per cui “amo Platone ma la verità l’amo di più”.
Nel Liceo Aristotele procedette ragionevolmente alla raccolta di tutti i
trattati scientifici delle epoche precedenti, indispensabili per quella
sistematizzazione di tutto lo scibile che è un tratto saliente di Aristotele.
Quindi opere sul regno animale e minerale, sui corpi celesti, opere
scientifiche eccetera che erano state prodotte in gran quantità sin dai tempi
dei presocratici. Al culmine della sua ricerca egli pose l’uomo, e in
particolare l’uomo greco, che, nonostante la posizione privilegiata nel creato,
viene analizzato con altrettanto distacco scientifico. “L’uomo è un
animale che vive nelle polis” afferma il filosofo prima di passarne in rassegna
tutte le manifestazioni peculiari: la giustizia, l’organizzazione sociale, la
fisiologia, la costituzione delle città-stato, la letteratura e via discorrendo.
A proposito dell’importanza della parola scritta per Aristotele Staikos afferma: “Aristotele
aveva letto tutta la produzione letteraria e saggistica greca precedente,
soffermandosi in particolare sui Sofisti, intellettuali-maestri che, in cambio
di lauti compensi, promettevano ai clienti di appropriarsi rapidamente del
sapere”. Aristotele attacca i Sofisti, non diversamente dal suo maestro
Platone, e fonda il sapere su una rigorosissima disciplina di ricerca, valida
ancora oggi, basata innanzitutto sulla precisione terminologica e sulla definizione precisa delle questioni da affrontare. Insomma, con ogni probabilità
Aristotele è stato l’unico essere umano della storia a potersi vantare di aver
letto tutti, o quasi tutti, i libri prodotti all’interno della sua tradizione culturale. Una cosa del genere, forse, non l'avrebbe immaginata neppure Borges.
Post interessantissimo, grazie mille!
RispondiEliminaGrazie a te, Andrea!
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